Quanto della nostra vita passa attraverso le reti? No, questa volta non parliamo di contenuti, ma di segnali, di semplici connessioni tra un punto e l’altro della sfera terrestre. Non parliamo di social network, delle foto che postiamo o dei messaggi che inviamo. Parliamo del semplice fatto che abbiamo telefonato ad un amico, abbiamo consultato la posta elettronica ad una certa ora o abbiamo effettuato una transazione online un certo giorno.
Anche questi sono dati personali e sono tutelati dal GDPR: i nostri diritti e libertà fondamentali potrebbero essere, infatti, compromessi se qualcuno conoscesse i destinatari delle nostre telefonate, anche senza entrare in possesso del loro contenuto.
La legge italiana prevede che questi dati siano memorizzati, per ragioni di ordine pubblico, dalle compagnie di telecomunicazione o dai provider di servizi Internet. Finora il periodo di conservazione era di quattro anni, ma una parte del nostro Parlamento vorrebbe allungarlo a sei.
Questa ipotesi si accompagna a due ulteriori elementi di scenario:
– la T‑Mobile, la più grande compagnia di telecomunicazioni tedesca, ha recentemente subito una violazione di dati personali che ha interessato, secondo alcune stime, circa quindici milioni di clienti;
– la principale compagnia di telecomunicazioni italiana è controllata da un’azienda straniera.
Il Governo ha acceso, quindi, un faro sui problemi della sicurezza delle nostre comunicazioni e ha presentato alcune proposte per fare in modo che la rete non diventi un rischio per il Paese e per i cittadini.