In un rotocalco radiofonico, i conduttori si divertono a commentare il business avviato attraverso il sito www.renttherunway.com: si tratta di un sito che offre il noleggio di abiti in abbonamento (fino ad un certo numero di abiti al mese) oppure a consumo (un abito per 4 o 8 giorni). Tutto compreso: lavatura, stiratura, consegna e riconsegna.
È la sharing economy: l’economia basata sulla proprietà sembra al tramonto e i millennials preferiscono l’economia della condivisione.
Si moltiplicano, di conseguenza, i soggetti che trattano i nostri dati personali. In passato, quando acquistavamo l’auto, fornivamo i nostri dati personali al concessionario una volta sola. E li rifornivamo all’acquisto successivo, magari dopo dieci anni. Oggi, se decidiamo di noleggiare l’auto e di approfittare, mese per mese, delle offerte di diversi fornitori, comunicheremo i nostri dati personali a tanti soggetti per soddisfare lo stesso bisogno.
La concorrenza ha i suoi lati positivi: paghiamo i beni e i servizi meno che in passato. Può capitare, però, di affidarci a soggetti che non sempre offrono garanzie adeguate sul trattamento dei dati personali.
Qualche settimana fa, per esempio, si è rotta la mia lavatrice e mi sono rivolto ad una lavanderia a gettone. Prima di ricevere in consegna il bucato, il gestore ha chiesto la mia carta d’identità per fotocopiarla. Naturalmente, non era necessaria ai fini del servizio e ho rifiutato di esibirla.
I panni li ho portati a mia suocera: se non ci fosse lei!!!