Tra qualche mese, lo sappiamo, in Italia ci sarà una consultazione politica nazionale per rinnovare il Parlamento.
La speranza è che i nostri partiti, movimenti, gruppi e leghe (varie e varii) non facciano gli stessi errori del Partito Conservatore britannico.
Infatti, l’Information Commissioner’s Office (il Garante per la protezione del dati personali del Regno Unito) ha da poco concluso l’istruttoria su una campagna telefonica che il partito di Theresa May ha condotto per vincere le elezioni del giugno scorso. Per il futuro, l’ICO ha “ammonito” i Tories affinché non sconfinino più dall’indagine di mercato al marketing diretto.
Sembrerebbe una questione di “lana caprina” ma, secondo le norme, è consentito ad un partito politico (o qualsiasi altra organizzazione) effettuare indagini di mercato utilizzando mezzi telefonici o elettronici (email) qualora abbia ottenuto lecitamente i nostri recapiti. L’indagine, tuttavia, deve limitarsi a raccogliere pareri ed opinioni dei soggetti contattati e, soprattutto, occorre che i dati forniti non siano utilizzati a scopi di profilazione senza il nostro consenso.
Se, invece, tra i quesiti ci sono elementi tesi ad orientare i comportamenti dei rispondenti, non si tratta più di una indagine di mercato ma di marketing diretto: si vuole “vendere” qualcosa. Ed è proprio questo che l’ICO ha rilevato tra le domande poste durante la campagna telefonica dei Conservatori: l’intento di convincere i soggetti contattati a votare per Theresa May.
Per convincere, è meglio che, per le prossime elezioni, si utilizzi il metodo del principe De Curtis: megafono alla mano e “Votantonio!!!”.