Impazza il dibattito sull’espressione workforce analytics, sinteticamente definita come i processi basati su dati acquisiti in via automatica e finalizzati a identificare, selezionare e valutare i lavoratori o chi è più adatto ad essere assunto.
È un processo già in atto negli Stati Uniti: potrebbe prendere piede anche in Europa?
In realtà, il GDPR prevede, all’art. 22, che ciascuna persona fisica “ha diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona”. Il testo della norma sembra escludere che la workforce analytics possa essere applicata anche in Europa.
Tuttavia, occorre ricordare che la profilazione è esclusa solo se porta a decisioni basate unicamente sul trattamento automatizzato e molte società potrebbero difendersi con questi argomenti:
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le analisi sui dati dei lavoratori non portano direttamente a decisioni ma aiutano gli esperti di Risorse Umane ad ottenere una rosa di candidati adatta ad un certo lavoro
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la scelta finale è riservata a persone in carne ed ossa
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i lavoratori hanno prestato il consenso al trattamento dei dati per questo scopo
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molti dati sui lavoratori sono stati acquisiti dai social network e rientrano tra quelli “resi manifestamente pubblici dall’interessato” e, quindi, ai quali non si applica il divieto di trattamento previsto dall’art. 9 del GDPR.
Queste osservazioni, tuttavia, perdono di significato leggendo quello il Gruppo dei Garanti europei (WP29) ha espresso nell’Opinion 2 adottata nel giugno scorso. I chiarimenti espressi sono due:
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il consenso del singolo lavoratore è un consenso debole perché non sempre acquisito in totale libertà, vista la condizione di dipendenza economica che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato; in proposito, il WP29 suggerisce che iniziative che riguardano il trattamento di dati personali, che non siano quelli previsti dalle norme o dai contratti, vengano concordate con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori;
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la raccolta dei dati personali, anche sui social network, deve essere effettuata con finalità specifiche che devono essere note al lavoratore o al candidato all’assunzione affinché siano garantiti i loro diritti (diritto a conoscere il periodo di conservazione, diritto di opposizione, ecc.)
In ogni caso, ogni persona è sempre oltre il suo profilo.