I pentiti dei social

Le cronache registrano pochi ripensamenti rispetto all’uso dei social network però qualche segnale si può rilevare.

Molti utenti ripensano il loro approccio a Facebook piuttosto che a Twitter per almeno un paio di motivi:

  • essere presente sui social è faticoso e richiede un impegno che per qualcuno può diventare davvero stressante;

  • la consapevolezza di un trattamento di dati personali non proprio trasparente conduce, progressivamente, a disimpegnarsi o, quantomeno, a ridurre il ritmo dei post.

Ma quello che si sta rilevando con una certa intensità è che molti attori protagonisti dei social stanno, più o meno esplicitamente, prendendo le distanze da ciò che questi strumenti stanno diventando o sono già diventati.

Per esempio, Sean Parker, uno dei cofondatori di Facebook, in un recente seminario internazionale ha dichiarato che Facebook “cambia letteralmente la relazione di un individuo con la società e con gli altri. E, probabilmente, interviene in modo negativo sulla produttività” e, poi, con riguardo ai bambini ha detto “Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli”. Parole forti, soprattutto se si pensa che vengono dette da qualcuno che conosce dall’interno il funzionamento del più grande social network del mondo.

C’è, poi, un altro episodio che è emerso solo qualche giorno fa. Un dipendente a contratto di Twitter ha pensato di boicottarlo rimuovendo il profilo dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Sembra che il motivo fosse il disaccordo con le politiche interne del social.

Tra i pentiti dei social comincia ad esserci qualche voce autorevole.

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