Diciamolo subito

Giovedì scorso è nata la legge sul biotestamento: solo otto articoli. In tutto, poco più di 2.000 parole per disciplinare le volontà anticipate di trattamento sanitario che, però, potrebbero non bastare per mettere al riparo le persone da un trattamento di dati ad alto rischio.

Guardiamo solo i soggetti che potrebbero intervenire nel trattamento:

  • notaio o ufficiale di stato civile;
  • fiduciario;
  • medici e personale sanitario in genere;
  • genitori (per i minori);
  • operatori video.

Insomma, consegnare le proprie volontà potrà anche essere semplice ma il rischio di una loro impropria diffusione è molto elevato.

A questo si aggiungono i rischi di indisponibilità e di mancato aggiornamento. Secondo logica, le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) dovranno essere disponibili, con gli opportuni meccanismi di sicurezza, a tutte le equipe sanitarie che saranno chiamate ad intervenire: chi garantisce che avranno accesso alle DAT di un centauro che è in fin di vita dopo un incidente a 500 chilometri di distanza dalla sua residenza?

Infatti, non è stato possibile, per ragioni di bilancio, istituire un registro unico delle DAT. In questo momento, esiste solo la facoltà, da parte delle Regioni, di regolamentare l’inserimento delle DAT nel Fascicolo Sanitario Elettronico.

Diciamolo subito: troppo poco per la privacy sulle cure che vogliamo.

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