Per noi sono i cinesi sono tutti uguali. È un difetto degli occidentali: basta che abbiano gli occhi a mandorla e non riusciamo a distinguere un soggetto da un altro.
Ma, forse, non è così solo per noi occidentali. Infatti, pochi giorni fa Human Rights Watch ha riferito che il governo cinese ha deciso di raccogliere i dati biometrici di 21 milioni di residenti nella provincia di Xinjiang: forse anche loro hanno difficoltà a riconoscersi? No, la posizione ufficiale del governo cinese è che l’iniziativa è finalizzata a migliorare la salute degli abitanti della regione e che viene adottata su base volontaria. Naturalmente, è difficile sapere quanto sia consapevole il consenso espresso dagli abitanti di una remota area asiatica.
Lo Xinjiang, grande cinque volte l’Italia, in realtà è una regione con una forte presenza islamica (uiguri) e, sebbene quasi desertica, è ricca di risorse naturali.
Il sospetto è che ci sia una necessità, da parte del governo cinese, di accentuare i controlli sulle persone per evitare che possano sorgere spinte centrifughe alimentate da interessi economici e religiosi. Anche perché sembra che l’iniziativa riguardi solo quella regione.
Tutto fa pensare che non siamo tutti uguali: soprattutto quando si parla di diritti umani e, in particolare, di privacy.