Abbiamo tanta strada da fare per estirpare il bullismo fra i giovani ma, spesso, noi adulti non siamo di grande esempio. E, qualche volta, non lo sono nemmeno le istituzioni.
Per esempio, pochi giorni fa, ha fatto notizia l’iniziativa che la Polizia Locale di Roma Capitale ha messo in campo da qualche mese per “perdonare” i cittadini che hanno oltraggiato un vigile nella sua funzione di pubblico ufficiale: registrare e pubblicare su Youtube un video di scuse allo stesso vigile ed al Corpo di Polizia Locale.
Se non fosse la sindaca, peraltro di professione avvocato, sarebbe comprensibile lo smarrimento di Virginia Raggi che ha chiesto una relazione al Corpo dei vigili. Quindi, si sa ancora poco delle responsabilità politiche ed amministrative dell’iniziativa. Tuttavia, è plausibile ipotizzare che il fondamento normativo dell’iniziativa possa rinvenirsi nell’ultimo capoverso dell’art. 341-bis del codice penale (Oltraggio a pubblico ufficiale): “Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.
La pubblicazione del video, quindi, è considerata dal Corpo dei vigili romani il “risarcimento”, nei confronti del vigile e del Corpo stesso, capace di estinguere il reato.
Tuttavia, il dubbio che questo “risarcimento” violi i diritti e le libertà fondamentali delle persone, oltre che la loro privacy, è fondato. Infatti, il messaggio che l’oltraggiante deve registrare ha, più ho meno, il seguente contenuto “Il sottoscritto…con riferimento al procedimento penale a mio carico per oltraggio a pubblico ufficiale n°…esprimo profondo rincrescimento per il comportamento tenuto nelle vicende per le quali sono indagato. Per tale motivo, formulo al Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale le mie più sentite scuse per le frasi proferite nell’occasione. Voglio inoltre rivolgere a tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale apprezzamento per il lavoro quotidianamente svolto a favore della cittadinanza”. Quindi, l’oltraggiante, pur di fermare un procedimento penale aperto al momento dell’oltraggio, è costretto, da questa prassi, a diffondere un dato giudiziario che, secondo il GDPR, dovrebbe essere trattato solo “sotto il controllo dell’autorità pubblica”.
Come vogliamo chiamarlo, allora? Bullismo…?