L’anello al naso

Amazon è una realtà grande e complessa. Ormai sono lontani gli anni in cui vendeva solo prodotti editoriali. Oggi, il 10% del fatturato viene dalla fornitura di servizi tecnologici: le cosiddette piattaforme cloud a chi non vuole effettuare investimenti in hardware e software ma paga Amazon ottenere un servizio ICT. Amazon, poi, sta entrando in gioco nella fornitura dei contenuti multimediali, nel mondo del cinema e delle serie TV (o web).

La merce “tangibile” è trattata in centri di distribuzione molto moderni: circa il 40% dei prodotti viene maneggiato da appositi robot che li posiziona e li preleva dagli scaffali. Gli altri prodotti (abbigliamento, materiale delicato, ecc.), invece, sono trattati da personale in carne ed ossa e, già oggi, i dipendenti si orientano negli immensi magazzini con l’aiuto di una sorta di “bussola elettronica” che li guida verso il posto dove è collocato il prodotto.

Già! I magazzini. Noi che riusciamo a perderci al supermercato sotto casa, dobbiamo immaginarli come luoghi immensi dove è necessario orientarsi con l’aiuto della strumentazione che localizza il prodotto da lavorare.

In questi giorni Amazon ha brevettato un braccialetto che sostituisce la “bussola elettronica” e può essere “indossato” dai lavoratori. Lo ha soltanto brevettato e, certamente, non lo sta usando in Italia. Gli avvocati di Jeff Bezos sono i migliori al mondo: sanno bene che devono rispettare l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e le previsioni del GDPR appositamente approfondite dal gruppo dei Garanti europei in un documento dedicato alla protezione dei dati personali riguardanti i lavoratori.

Il panico è prematuro. E un braccialetto al polso potrebbe essere più elegante di un anello al naso.

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