Dentro le regole

Abbiamo aspettato qualche giorno prima di commentare l’ormai famoso datagate che coinvolge il più gettonato social network del mondo: Facebook. Abbiamo aspettato per serietà di informazione e, certamente, pur avendo già espresso molte riserve sulla disinvoltura con la quale molti OTT trattano i dati personali, non vogliamo associarci a chi ha etichettato Zuckerberg come “ladro” e battezzato come “truffa digitale” ciò che sta emergendo.

Vogliamo essere chiari: esiste una responsabilità di Facebook ed esiste una responsabilità di tutti gli utenti.

Facebook ha perso il controllo dei dati dei suoi seguaci. Lo ha confessato Zuckerberg dicendo “Sono responsabile di quello che è successo. Abbiamo commesso degli errori e c’è ancora molto da fare”. Questa affermazione potrà essere utilizzata proficuamente da coloro che hanno promosso la prima causa collettiva (class action) nello stato della California. Fa riflettere, tuttavia, la circostanza che il ricorso non è stato promosso da un gruppo di utenti di Facebook ma da un insieme di azionisti che, dalla vicenda, hanno visto perdere di valore le proprie azioni.

Gli utenti, invece, non sembrano avere voglia di boicottare Facebook. Certo, sta spopolando l’hashtag #DeleteFacebook ma una cosa è seguirlo e condividerlo, altra cosa è cancellare davvero il proprio profilo: molte persone non sanno più vivere senza specchiarsi nella rete. E, poi, siamo sicuri che, cancellando il nostro profilo Facebook, riusciamo a tutelare i dati personali che, nel tempo, abbiamo fornito?

Come al solito, deve vincere la consapevolezza: di Facebook e degli utenti, senza demonizzare il primo e senza esagerare nella commiserazione dei secondi.

Certo Zuckerberg ha anche affermato che “Given the stakes here, why shouldn’t Facebook be regulated?” ovvero “Data la posta in gioco, perchè Facebook non dovrebbe essere regolamentato?” senza sapere, forse, che il GDPR le norme le ha stabilite: basta mettersi dentro le regole.

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