Un dato scontato

Il quadro normativo sul trattamento dei dati personali è stato quasi completamente tracciato, a livello europeo, dal GDPR che ne stabilisce i livelli di protezione che ogni titolare deve garantire.

Un effetto collaterale della nuova normativa, finora poco considerato, consiste nel rafforzamento dell’idea che il dato personale possa essere considerato un bene economico dotato di un legittimo proprietario che, in qualche modo, possa trarne vantaggio.

Esistono, in proposito, due scuole di pensiero:

  • qualche economista accomuna il trattamento dei dati personali al trattamento dei rifiuti tossici e, pertanto, è ipotizzabile imporre uno specifico tributo; questo approccio parte dal presupposto che i dati personali, seppur riferiti ai singoli interessati, siano un bene pubblico nel senso che il loro trattamento, ancorché effettuato conformemente al GDPR, influenzi le dinamiche sociali e, quindi, chi lo effettua debba essere inciso da una tassa;
  • l’approccio più liberale, invece, prevede che la proprietà sia pienamente dell’interessato e che, quindi, egli possa scegliere liberamente le forme di ricompensa quando concede i propri dati personali; sebbene questo possa sembrare l’approccio più sensato, diventa difficilmente praticabile da punto di vista tecnico. Infatti, tutte le nostre interazioni con la tecnologia prevedono un trattamento di dati personali (dal prelievo bancomat alla ricerca con Google) e, quindi, diventerebbe difficile tracciare un confine da contrattare con la controparte.

Qualunque sia l’evoluzione che avrà questa questione, conviene non considerare nessun dato per scontato.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.