Durante la nostra attività lavorativa possono capitare periodi di particolare stress, ansia o rabbia. La normativa italiana in materia di valutazione dello stress lavoro‑correlato è contenuta nel decreto legislativo 81/2008, cioè nel testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Le metodologie per la valutazione di questo tipo di stress sono articolate e, normalmente, prevedono monitoraggi sistematici di alcuni indicatori (giorni di malattia, numero di infortuni, ritardi, ecc.) oltre che, nei casi di maggiore esposizione, indagini approfondite a cura di psicologi del lavoro.
Invece, la Cina, si sa, è la nuova frontiera della sperimentazione a tutto campo, senza dare alcun valore all’homo dignus, così come amava teorizzarlo il professor Rodotà.
Per misurare gli stati cerebrali anomali dei dipendenti, molte società cinesi hanno deciso di far indossare appositi berretti dotati di sensori digitali. È una tecnologia che avevamo già anticipato. Tuttavia, sembrava che l’uso potesse essere limitato ad alcune fasi del rapporto di lavoro (per esempio il colloquio di valutazione) e, certamente, non in forma sistematica.
Invece, per esempio, una delle società di trasporto ferroviario cinese fa indossare il berretto ai propri macchinisti con lo scopo di monitorare costantemente i loro stati d’ansia, di stress e di rabbia ed, eventualmente, consigliare loro di prendere qualche giorno di ferie. Lo scopo è, quindi, di limitare il rischio che il lavoratore possa combinare guai grossi.
Da quando ho letto la notizia, continuo a domandarmi: ma è proprio necessario essere fuori di testa per intercettare i fuori di testa?