Gli sforzi che i negozi online esercitano ogni secondo per convincere gli internauti a comprare sono basati, oggi, su tecniche di profilazione e sull’intelligenza artificiale. Ogni movimento, ogni singolo click viene registrato e macinato per orientare i successivi percorsi e agevolare la conclusione dell’acquisto.
La registrazione dei nostri movimenti avviene tramite i cosiddetti cookie di profilazione, un particolare tipo di biscotti per i quali è obbligatorio, da parte della vetrina online (titolare), ottenere il nostro consenso (come interessati).
Le recenti statistiche dicono, tuttavia, che, nonostante le raffinate tecniche di persuasione o, addirittura, di pressione commerciale, i clienti che effettivamente concludono la loro navigazione con un acquisto sono davvero pochi.
Una indagine di Statista, un noto portale di statistiche internazionali, ci informa che solo il 3% dei visitatori di Privalia conclude la visita con un acquisto. La percentuale scende al 2,1 per Amazon e, addirittura, ad 1,1 per ePrice.
L’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano (osservatorio che si occupa delle dinamiche di vendita online tra imprese e consumatori finali – BusinessToConsumer) ha rilevato che, in media,
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il 43,9% dei visitatori abbandona il sito dopo pochi secondi di navigazione;
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il 42,8% dei visitatori lascia durante la ricerca del prodotto;
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l’11,7% dei visitatori riempie il carrello ma, alla fine, non completa con il pagamento.
In pratica, in media, rimane solo 1,6% dei visitatori che completa l’acquisto.
Larga la foglia, stretta la via: la profilazione non è magìa.