Crisi d’identità

Un caro amico mi segnala una curiosità. Il servizio di calcolo delle distanze chilometriche tra due località, fornito online dall’Automobile Club d’Italia, da qualche giorno richiede una procedura di identificazione: tramite nome utente e password fornite dalla stessa ACI (previa registrazione) o tramite SPID, il sistema ufficiale di identificazione digitale italiano.

In passato, il servizio era libero, cioè non necessitava di identificazione, e chiunque poteva calcolare le distanze chilometriche senza che il software dell’ACI ponesse barriere di identificazione.

Ho voluto provare. Effettivamente è così: bisogna farsi identificare e mi sono fatto riconoscere tramite il mio SPID (pur avendo già un account ACI). Il riconoscimento, come abbiamo imparato in molti dei precedenti interventi, è sempre un’azione che richiede un trattamento, più o meno breve, di dati personali. Inoltre, anche la semplice informazione che un soggetto, ad un certo istante, ha effettuato un accesso al sito dell’ACI è un dato personale. Come vengono trattate le identificazioni? Per quanto tempo vengono conservati i dati degli accessi? Nell’informativa che viene fornita non c’è traccia di finalità connesse alla fruizione dei servizi erogati senza essere soci ACI.

Ma, ciò che più colpisce, è che l’identificazione, ed il relativo trattamento di dati personali, sembra del tutto sproporzionata rispetto alle finalità del servizio. Il principio di proporzionalità è il primo ad essere enunciato all’interno del GDPR: al considerando numero 4. L’identificazione dell’ACI, infatti, non serve nemmeno a filtrare i robot per interrogazioni massive visto che, per evitare questo inconveniente, è stato inserito un campo captcha (come fanno tutti, peraltro).

Sembra che la corretta applicazione del GDPR, all’ACI, sia in crisi d’identità.

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