L’elogio dell’errore

Il generale Luigi Federico Menabrea (ingegnere, diplomatico e tre volte Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia) certamente non avrebbe mai immaginato di essere, in qualche modo, il precursore dell’art. 22 del GDPR.

Menabrea era innanzitutto uno scienziato, prevalentemente affascinato dalla matematica, e 175 anni fa, precisamente nel 1843, scrisse un articolo sul numero 41 della Bibliotèque universelle de Genève dal titolo “Notions sur la machine analytique de M. Charles Babbage”. Era la sintesi del funzionamento del primo computer (a funzionamento meccanico) che Charles Babbage, grande matematico britannico, aveva presentanto tre anni prima a Torino durante il secondo Congresso degli Scienziati Italiani. La parte che ci interessa di questo documento comincia da pagina 370 quando Menabrea avvia un approfondimento delle possibili criticità nel funzionamento della macchina analitica con questa frase “Examinons encore quelques‑unes des difficultés que la machine doit sormonter pour que son assimilation à l’analyse soit plus complète”.

Lo scienziato accorto, quindi, si pone il problema del possibile errore, dovuto al funzionamento della macchina o ai dati forniti in input, e prevede le contromisure (naturalmente quelle consentite dalla tecnologia del tempo) per ridurne gli effetti e per consentire l’intervento correttivo umano.

È esattamente quello che prevede l’art. 22 del GDPR che vuole evitare incaute decisioni, a discapito dell’interessato, assunte attraverso un trattamento completamente automatizzato.

Riserviamo, quindi, l’elogio dell’errore a quello umano e cerchiamo di limitare quello delle macchine.

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