Il Codice dimezzato

In attesa di maturare riflessioni profonde sul Dlgs 101/2018 che ha trasformato il vecchio Codice della privacy italiano (il Dlgs. 196/2003) per incastrarlo al meglio al GDPR, mi sono lasciato andare alla mia grande passione: i numeri (che qualcosa dicono sempre).

Quindi, osservando i numeri del nuovo testo del Codice della privacy italiano, che affianca il GDPR (ferma restando la prevalenza di quest’ultimo come fonte giuridica), è emerso che:

  • gli articoli del Codice, prima della modifica, erano 188; il Dlgs. 101/2018 ne ha abrogati (bontà sua) 110 e mezzo (per l’art. 175 sono stati abbattuti solo i primi due commi);

  • degli 77 e mezzo articoli rimasti, 35 sono stati sostituiti;

  • sono stati aggiunti 26 nuovi articoli; per 16 di questi si è dovuta replicare la numerazione 2 fino al septiesdecies, cioè ci sono 17 “articoli 2” (con contenuti differenti) progressivamente enumerati alla latina per poterli distinguere fra loro;

  • il numero totale di articoli è, quindi, pari a 103 e mezzo;

  • il Codice non ha più due dei tre allegati originari; sono stati abrogati gli allegati B (le famigerate misure minime di sicurezza) e C;

  • la parola più presente nel nuovo testo (escludendo le preposizioni, gli articoli, ecc.) è “dato/i”, citata 285 volte; la seconda in graduatoria è la parola “regolamento”, citata 158 volte, a testimonianza del continuo riferimento al GDPR.

I numeri parlano e ci dicono che abbiamo un Codice dimezzato. Forse si poteva fare a meno anche di molti degli articoli rimasti e lasciare tutto lo spazio possibile al GDPR. Spazio che il GDPR si prenderà gradualmente nelle aule di giustizia, italiane ed europee, per ribadire la sua filosofia ispiratrice: la responsabilizzazione del titolare.

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