L’art. 2‑quater del nuovo Codice è la dimostrazione concreta del conservatorismo italiano: si passa dai codici deontologici alle regole deontologiche.
Ma andiamo con ordine. Il Codice della privacy ha un Allegato A che, in sostanza, è una raccolta di codici di deontologici da applicare per il particolari tipi di trattamento: attività giornalistica, archiviazione per scopi storici, attività statistica e scientifica, ecc.
L’art. 27 del Dlgs. 101/2018 non ha abrogato l’allegato A anche se il GDPR non cita da nessuna parte l’adozione di codici deontologici ai fini del trattamento. Piuttosto il GDPR concede la possibilità, agli stati membri, di “mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l’applicazione delle norme del regolamento” con riguardo a particolari trattamenti specificatamente indicati al Capo IX del GDPR (gli stessi dell’Allegato A ovvero attività giornalistica, archiviazione per scopi storici, attività statistica e scientifica, ecc.).
Questo è stato tradotto, dal legislatore italiano, nella sostituzione dei codici deontologici con le regole deontologiche che prima di diventare definitive dovranno:
-
essere rese note ai cittadini che potranno, entro sessanta giorni dalla pubblicazione, fornire propri contributi modificativi o integrativi;
-
essere approvate dal Garante per la Protezione dei Dati Personali;
-
essere inserite nell’Allegato A del Codice (appunto, sostituendo i vecchi codici deontologici).
I soggetti che svolgono questi particolari trattamenti dovranno dimostrare, come minimo, di aver rispettato le regole deontologiche.
Viva la deontologia!! Se non è solo burocrazia…