Domenica scorsa è andato in onda in TV un servizio de “Le Iene” che riguardava un concorso da ricercatore bandito dall’Università di Verona. La vicenda è apparsa clamorosa e originale (non scordatevi questo aggettivo) perché:
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l’assegno di ricerca ammontava a circa 346.000 euro per tre anni;
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il bando, sebbene riferito ad un posto per la facoltà di Medicina, non richiedeva, come prerequisito, la laurea in Medicina ma era sufficiente una qualsiasi laurea;
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lo stesso bando assegnava un punteggio elevato a corsi specialistici in tema di privacy;
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all’unica prova prevista dal bando, un colloquio, è stata ammessa una sola candidata che, poi, è risultata vincitrice del concorso.
La cosa più curiosa, però, è che la vincitrice del concorso, appunto esperta in privacy, durante l’intervista dell’inviato de “Le Iene” ha tentato di eccepire un presunto trattamento illecito di dati biometrici (ovvero le riprese audio/video). Il buon Monteleone le ha fatto notare che la normativa gli permetteva quelle riprese. Infatti, scendendo la gerarchia delle fonti del diritto:
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il GDPR, all’art. 85, prevede che gli Stati membri stabiliscano apposite deroghe ai diritti degli interessati (per esempio per il consenso) in caso di trattamento per attività giornalistiche;
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in nuovo Codice privacy, al comma 1 dell’art. 137, stabilisce che, per finalità giornalistiche, le particolari categorie di dati personali (tra cui le immagini e la voce, rientranti tra i dati biometrici) possono essere trattate senza il consenso dell’interessato purché nel rispetto delle regole deontologiche;
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le regole deontologiche, per il momento e fino a nuova indicazione, coincidono con il codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica che, all’art. 6, obbliga all’essenzialità dell’informazione che, tuttavia, può anche essere dettagliata senza ledere la sfera privata quando il dettaglio (appunto) “sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione”.
Ha ragione, quindi, Monteleone. E “viva la doppia originalità!”: quella del bando e quella dell’inciampo della ricercatrice esperta di privacy.