Il pedale dell’uomo morto

Non tutti siamo esperti di meccanismi di sicurezza ma il pedale dell’uomo morto è uno di quelli che ha salvato la vita a molte persone, forse anche a noi senza rendercene conto. È un pedale installato, in passato, su tutti i locomotori dei treni italiani e doveva essere premuto dal macchinista per segnalare il suo stato di benessere fisico; se il macchinista non lo schiacciava, voleva significare che poteva essersi addormentato o aver avuto un malore ed il treno si bloccava. È stato un meccanismo utile per tanto tempo ma, successivamente, è stato vietato dalle ASL perché il lavoratore/macchinista era continuamente esposto ad un gesto ripetitivo (la pressione del pedale) che poteva condurlo ad una forma di stress cosiddetto lavoro‑correlato.

Il pedale dell’uomo morto è stato, quindi, sostituito da meccanismi che segnalavano lo stato di attenzione del macchinista ad una sua qualsiasi azione sui meccanismi di controllo del locomotore (freno, comunicazione con la stazione, impianto di condizionamento, ecc.).

La tecnologia, di recente, ha fatto ancora meglio. A partire dal 2019 saranno installati sui locomotori di Trenitalia apposite telecamere che cattureranno le immagini degli occhi del macchinista e ne valuteranno i battiti di ciglia: deve esserci un battito di ciglia ogni dieci secondi nell’arco di un minuto, altrimenti il treno emette un fischio e, successivamente, si ferma. Allo scadere del minuto, se tutto è regolare, il contatore si azzera e ricomincia il conteggio. Ancorché sia ripresa una parte fisica del macchinista con strumenti tecnologici avanzati, i dati trattati non sono dati biometrici perché l’informazione catturata riguarda solo il movimento delle ciglia e non qualcosa che può essere utile all’identificazione della persona (p.e. l’iride).

Quindi, niente valutazione d’impatto sulla protezione dei dati personali e solo il sollievo di tutti i macchinisti d’Italia.

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