Prove atipiche

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17155/2019, ha giudicato inammissibile il ricorso di una dipendente che era stata processata e condannata, nei primi due gradi di giudizio, per furto aggravato e continuato ai danni del suo datore di lavoro.

La dipendente era stata condannata sulla base di filmati acquisiti da un sistema di videosorveglianza installato dal suo datore di lavoro presso la tabaccheria di proprietà.

L’avvocato della dipendente aveva fondato uno dei motivi del ricorso in Cassazione sulla inutilizzabilità delle prove video perché acquisite in violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che consente l’impiego di sistemi di controlla a distanza dei lavoratori solo in presenza di un accordo sindacale o di autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e, comunque, nel rispetto del Codice Privacy. Nel caso specifico il sistema era stato installato, infatti, senza alcun accordo sindacale né era stata ottenuta alcuna autorizzazione.

I giudici della Cassazione hanno stabilito che l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori è posto a tutela del lavoratore in quanto parte del rapporto di lavoro e, quindi, qualora ci fosse stata una causa civile nell’ambito della quale il datore di lavoro avesse voluto utilizzare i filmati contro il lavoratore, i filmati stessi non sarebbero risultati ammissibili. Viceversa, nell’ambito del processo penale, i giudici possono utilmente avvalersi dei filmati come prova atipica del reato, ai sensi dell’art. 189 del Codice di Procedura Penale, con il solo limite di non ledere la libertà morale della persona.

Quindi, reato tipico e prova atipica: una convivenza possibile se non si lede la dignità della persona.

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