F8, la ripartenza

Nell’ottava conferenza annuale di Facebook, denominata F8, Mark Zuckerberg ha annunciato il suo nuovo slogan, a metà tra il buffo e lo storico: “The future is private” – “Il futuro è privato”.

Ha fondato questo nuovo slogan su sei pilastri:

  • più attenzione alle interazioni private; verranno rafforzate le funzioni che consentiranno ad ogni utente di scegliere a chi comunicare i propri post;
  • crittografia; tutto il mondo Facebook (compresi Messenger e Instagram) si avvarrà della crittografia end‑to‑end che renderà molto difficile l’intrusione di malintenzionati nel percorso che i post fanno nella Rete;
  • periodo di conservazione limitato; Facebook, similmente a Snapchat, farà in modo che i contenuti spariscano dopo un certo periodo di tempo e, inoltre, consentirà agli utenti una più facile cancellazione dei post;
  • salubrità; questo per Zuckerberg significa impegnarsi ulteriormente nel combattere i post di razzismo, di bullismo e di discriminazione di ogni genere;
  • interoperabilità; tutti i gli strumenti digitali che fanno capo a Facebook (Whatsapp, Messenger, Instagram, ecc.) potranno operare come se fossero un unico spazio; questo consentirà ad un utente Whatsapp (senza essere utente di Facebook) di mandare un messaggio ad un utente di Facebook;
  • sicurezza nella memorizzazione dei dati; i dati della galassia Facebook, oltre ad essere crittografati, saranno memorizzati solo in Paesi che garantiscano i diritti e le libertà degli individui.

F8 richiama il nome di un aereo. Un aereo che tenta la ripartenza.

Condividi

Facciamo la pace

La Corte Europea per i Diritti Umani ha condannato il Regno Unito per aver memorizzato indebitamente i dati personali di un pacifista.

La vicenda riguarda Paul (nome di fantasia) che, dal 1948, si è impegnato in cause pacifiste partecipando alle relative manifestazioni. In alcuni casi queste manifestazioni, avviate pacificamente, si sono evolute in proteste dagli esiti violenti ai quali non è mai stato associato Paul. La polizia, tuttavia, a causa dell’attivismo di Paul aveva registrato tutte le sue partecipazioni alle manifestazioni in un database denominato “Extremism database” (archivio degli estremisti).

Paul, naturalmente, ha preteso che il suo nome fosse cancellato dall’archivio senza, tuttavia, avere giustizia dalle corti inglesi. Così, ha proposto il caso alla CEDU che, invece, ha sentenziato in suo favore, giudicando sproporzionata la memorizzazione dei dati di Paul rispetto alla finalità del database. In sostanza, viene riconosciuta la finalità di sicurezza del Paese per giustificare l’esistenza del database ma non viene riconosciuta la necessità di inserire e mantenere, per un tempo indefinito, i dati personali (peraltro appartenenti alle particolari categorie di dati personali) di un soggetto che non ha mai mostrato di essere un estremista.

Facciamo la pace, senza estremismi e, quindi, senza che nessuno esageri.

Condividi