Il massaggio è un messaggio?

Un mese fa ho comprato, da una famosa azienda di vendite online, un coupon per tre massaggi presso un centro benessere, vicino a casa mia.

Qualche giorno fa decido di prenotare il primo massaggio. Telefono al centro benessere e prenoto per il mercoledì successivo ma, prima di chiudere, l’operatore mi chiede il numero di telefono. “Perché me lo chiede?” replico io. La risposta è vaga. Insisto dicendo che il numero di telefono non mi pare necessario allo svolgimento della prestazione. Il signore dall’altra parte del telefono desiste, ma si capisce che non è convinto.

Arriva mercoledì e raggiungo il centro benessere. Alla reception fornisco il mio nome e cognome e mi sento dire “Ah, lei è quello che non mi ha voluto dare il numero di telefono! Adesso me lo deve dare, altrimenti non posso tesserarla”. Armandomi di pazienza, ribadisco la contrarietà a comunicare il mio numero di telefono e, a questo punto, incalzo chiedendo di visionare l’informativa completa. Allora l’addetto all’accoglienza pensa di calare il jolly “Ma questa è un’associazione!”

Peccato che:

  • nessuno mi aveva informato che il fornitore fosse un’associazione e che per fruire dei massaggi dovevo associarmi; il vincolo associativo è, per molti versi, più forte del vincolo contrattuale d’acquisto;

  • le associazioni, se trattano dati personali, sono titolari a tutti gli effetti e non sono esonerate dagli obblighi di informativa;

  • il numero di telefono non rientra tra i dati personali necessari alla prestazione che avevo acquistato; il principio di minimizzazione, quindi, non è stato rispettato anche perché, in mancanza di informativa, non è possibile verificarlo.

Il GDPR (regolamento europeo sulla protezione dei dati) richiede una comunicazione trasparente tra titolare ed interessato ed un massaggio non è un messaggio.

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La Rete non dimentica

Rettificare, integrare, cancellare o limitare i dati personali: un poker di diritti agibili secondo il nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali. Inoltre, quando rivolgiamo al titolare un’istanza per far valere questi diritti deve avviarsi una specie di effetto domino: il titolare deve comunicare la nostra volontà anche agli altri titolari cui ha trasferito i nostri dati affinché anch’essi provvedano alla richiesta.

Ma una fotografia messa sul profilo pubblico di Facebook è come una biglia su un piano inclinato: viaggerà sempre più velocemente mano a mano che passa il tempo. Ed è difficile fermare il fenomeno o, addirittura, riportare la situazione a quella di partenza.

Lo ha ricordato il Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, in una intervista al Mattino del 12 settembre scorso: le leggi aiutano a difendersi ma diventa molto difficile capire su quanti siti, nel mondo, è stata pubblicata una certa foto ed imporne la cancellazione.

Per questo, il Garante ha invitato scuole e genitori a sensibilizzare i ragazzi ad un uso più prudente della Rete.

Il vecchio detto “prevenire è meglio che curare” vale ancor di più oggi.

Perché la Rete non dimentica.

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