L’agenda trasparente

La trasparenza è una conquista delle moderne società democratiche. Purtroppo, nel nostro Paese, il percorso per renderla effettiva è sempre molto accidentato.

È emerso, infatti, che al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il precedente vice‑ministro pubblicasse, per trasparenza, l’agenda dei suoi incontri istituzionali con i cosiddetti stakeholder ovvero i soggetti interessati alle decisioni politico‑amministrative. Questa pratica non è stata seguita dal nuovo ministro che, per la verità, appartiene ad una forza politica che della trasparenza e dell’onestà ha fatto un cavallo di battaglia.

Nel nostro piccolo, possiamo solo ipotizzare che, evidentemente, il nuovo ministro ha ritenuto di agire con cautela anche rispetto alle garanzie previste dal GDPR.

Infatti, l’agenda dovrebbe contenere i dati personali dei soggetti che interloquiscono con i rappresentanti del Governo e la finalità del loro trattamento è quella di renderli pubblici. Per questo trattamento, come per ogni altro, è necessario individuare la base giuridica tra quelle presenti nell’art. 6 del GDPR. In mancanza di una legge specifica, l’unica base giuridica applicabile appare essere il consenso degli interessati che, come sappiamo, deve essere libero, specifico, informato e non equivocabile. Pertanto, l’iniziativa dell’agenda trasparente dovrebbe essere preceduta da:

  • un’informativa completa riferita al trattamento, con specifico riferimento all’intenzione di pubblicare i dati personali relativi all’incontro (luogo, ora, data, esito, ecc.);
  • l’acquisizione del consenso da parte dell’interessato.

Certamente, anche la trasparenza dell’agenda non può fondarsi su un’iniziativa estemporanea.

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Diventare convincenti

Come si diventa convincenti? Qualche spunto può darcelo la modalità con la quale l’ICO (l’autorità garante per la protezione dei dati personali inglese) ha condotto le indagini nei confronti di alcune società che facevano telefonate automatiche per recuperare le rate arretrate che alcuni cittadini inglesi dovevano pagare per l’assicurazione sanitaria.

L’ICO ha accertato che questi operatori senza scrupoli causavano, con le loro continue sollecitazioni telefoniche, situazioni di disagio e forte stress ai clienti. L’azione investigativa si è conclusa nel 2017 con sanzioni per circa 700.000 sterline. Alcune delle società sanzionate, tuttavia, hanno tentato di sfuggire al pagamento delle multe svuotando le loro casse. A questo punto, l’ICO ha avviato una collaborazione con l’Insolvency Service (l’autorità inglese che si occupa delle questioni pre‑fallimentari e fallimentari) affinché si aprisse un’istruttoria finalizzata a capire le dinamiche societarie che avevano causato l’insolvenza.

L’indagine si è conclusa con una sanzione amministrativa comminata a 16 direttori delle rispettive aziende che sono stati interdetti dall’esercizio di ruoli manageriali per un totale di 107 anni.

Ecco come il Regno Unito diventa convincente. Perché non succede anche da noi?

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