Però! Potevi almeno dirmelo…

Torna d’attualità una vicenda che ha occupato il Garante per la Protezione dei Dati Personali per quasi tutto lo scorso anno: il software Savio che, per un certo periodo, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale ha utilizzato per selezionare i lavoratori da sottoporre a controllo con una visita fiscale: insomma, un sistema informativo che doveva servire a scovare i furbetti.

Savio era un software di data mining cioè appositamente realizzato per raccogliere elementi riferiti ai lavoratori (giornate di malattia, periodi dell’anno di fruizione della malattia, frequenza, ecc.) e calcolare un particolare livello di attenzione da dedicare a specifici soggetti anche, per esempio, mandando loro due volte la visita fiscale nella stessa giornata. Il Garante, ha ritenuto di bloccare l’impiego di questo sistema e, addirittura, è arrivato ad intimare all’INPS, nel novembre scorso, il pagamento di una sanzione di 40.000 euro.

Le motivazioni del provvedimento del Garante si riferivano al vecchio Codice privacy cioè a norme che, oggi, sono mutate nella forma ma non nella sostanza. Il trattamento dei dati, secondo il Garante, non era stato preceduto dalla rituale informativa agli interessati e, soprattutto, il sistema configurava una profilazione che, oggi, non è possibile se non secondo le specifiche e restrittive previsioni del GDPR.

L’INPS, dopo aver tentato una strenua difesa

  • affermando che “…la procedura informatica, oltre a non produrre alcun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo…” ma dimenticando che il GDPR definisce profilazione come “qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell’utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l’affidabilità, il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica”

e

  • pubblicando uno studio sulle perdite per lo Stato non applicando Savio

sembra aver ripiegato su Savio 2.0 che pare essere un software più gentile ma anche meno efficace.

Però! Potevi almeno dirmelo che mi stavi osservando…

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Pericolo giallo

I cinesi sono tanti, ma proprio tanti. E possono permettersi di sfidarci in tanti campi: dal cibo alla moda, dalle biciclette alla ferramenta. Ma la vera battaglia è sulla tecnologia e sulla capacità pervasiva che le aziende cinesi hanno nei mercati occidentali.

L’attualità ha portato alla nostra attenzione il caso Huawei-Zte che ha mirabilmente sintetizzato Milena Gabanelli nel suo recente dataroom.

Huawei è nota per i telefonini che sono solo gli apparati terminali del nostro sistema di comunicazione: quelli in uso agli utenti. In Italia, gli smartphone Huawei sono un terzo di tutti i telefonini in circolazione. Tuttavia, molti non sanno che la vera forza della superpotenza tecnologica cinese risiede nella diffusione degli apparati comunicativi intermedi cioè in quella strumentazione attraverso la quale transitano i megaflussi di dati, nazionali ed internazionali. In questo settore, Huawei, offrendo prezzi più bassi. ha surclassato le tradizionali aziende produttrici come Cisco, Nokia, Ericsson.

Peraltro, la ricerca cinese ha fatto passi da gigante nell’ambito della nuova rete ad alta velocità, la cosiddetta 5G, che collegherà le persone ma, soprattutto, gli oggetti che ci circondano. Molti paesi hanno sospeso le forniture Hauwei in questo settore perché temono che, al di là delle rassicurazioni fornite dall’azienda, il governo cinese possa avvicinare un qualsiasi ingegnere che opera su questi apparati per convincerlo a creare un buco nella rete dal quale attingere informazioni che possono mettere a repentaglio la sicurezza nazionale oltre che la riservatezza delle persone. L’Italia, invece, continua ad affidarsi al fornitore cinese e, quindi, non ritiene che il pericolo giallo sia dietro l’angolo. Forse ha ragione. O forse no.

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