Le fatiche del certificato

Nella quinta riunione plenaria del 5 dicembre scorso, l’EDPB, il Comitato dei Garanti Europei, ha approvato le nuove linee guida per l’accreditamento degli organismi di certificazione. L’art. 42 del GDPR prevede che titolari e responsabili possano essere certificati ovvero possano sottoporsi a specifici percorsi strutturati per raggiungere e mantenere la conformità alla normativa sulla protezione dei dati personali. In questo percorso devono essere accompagnati da soggetti accreditati, secondo regole specifiche, dal Garante per la Protezione dei Dati Personali o dall’ente unico di accreditamento che, nel nostro paese, è Accredia.

Le nuove linee guida disciplinano, quindi, le modalità con le quali Accredia, così come previsto dall’art. 2‑septiesdecies del nuovo Codice privacy, dovrà accreditare gli organismi di certificazione che, a loro volta, potranno guidare sulla retta via titolari e responsabili.

Già oggi Accredia accredita organismi certificatori in altri settori (qualità, salute e sicurezza, ecc.) secondo lo standard ISO/IEC 17065:2012 che altro non è che un insieme di requisiti che bisogna rispettare per poter svolgere l’attività di certificazione.

L’allegato alle linee guida specifica i requisiti ulteriori, specifici per la protezione dei dati personali e previsti dall’art. 43 del GDPR, che si aggiungono alla norma ISO/IEC 17065:2012 e che Accredia dovrà verificare prima di abilitare un organismo a certificare titolari e responsabili.

Non sarà come fare la fila al Comune ma ottenere un certificato costerà, comunque, fatica.

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Né dura né morbida: tagliente

Joseph S. Nye è un professore di relazioni internazionali di Harvard ed è stato preside della Kennedy School of Government. È un esperto di geopolitica ed è stato il primo a parlare, verso gli inizi degli anni novanta, di soft power che si stava contrapponendo all’hard power nelle dinamiche politiche internazionali.

Per hard power, la potenza dura, si intendeva (e si intende) il potenziale militare di cui ogni paese può disporre, compresa l’industria pesante di supporto alla difesa; l’hard power è stato il terreno virtuale sul quale si è combattuta la guerra fredda: il blocco sovietico ed il blocco atlantico si contrapponevano misurando le forze militari che avrebbero potuto mettere in campo.

Il soft power, la potenza morbida, ha cominciato ad avanzare con la caduta del muro di Berlino: è lo strumento sofisticato per estendere la zona di influenza politica attraverso la diffusione di principi, valori, dinamiche sociali, abitudini (anche di consumo). Nulla di nuovo giacché la potenza dell’impero romano era basata proprio su questo: esercito ma, soprattutto, acquedotti.

Oggi, però Nye ritiene che entrambi questi strumenti di geopolitica siano desueti perché l’evoluzione della tecnologia e la conseguente vita virtuale alla quale tutti noi siamo indotti hanno fatto diventare più importante lo sharp power: la potenza tagliente dell’influenza digitale. Quindi, Cina, Confederazione Russa e Stati Uniti (i blocchi attualmente in campo) sono impegnati ad usare uno strumento tagliente e preciso come un bisturi per poter catturare la nostra attenzione (dopo aver catturato i dati personali per poterci raggiungere) e, quindi, orientare chirurgicamente la moltitudine di singoli e non più le masse indistinte.

Nè dura né morbida: solo potenza tagliente che, tuttavia, appare molto più pericolosa.

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