Su e giù

LinkedIn è un social network specializzato nel creare e sviluppare relazioni professionali. Contiene un patrimonio di dati che, in teoria, dovrebbero essere riferiti agli aspetti professionali. Inoltre, è un luogo di incontro tra domanda e offerta di lavoro: su questa piattaforma si pubblicano i posti disponibili nelle più diverse realtà aziendali.

LinkedIn si preoccupa, con una certa frequenza, di produrre un rapporto sulle offerte di lavoro più promettenti riassumendo i dati in suo possesso e riepilogandoli in tabelle assolutamente anonime.

Alcuni ricercatori di data.world hanno cercato di rielaborare i dati di LinkedIn per offrire una visione grafica del trend tra il 2013 ed il 2017. A parte alcune forzature dovute alla non omogenità delle osservazioni per l’anno 2017 (si riferiscono solo agli USA e non a tutto il mondo), l’operazione risulta abbastanza riuscita e racconta che:

  • alcune figure professionali che nel 2013 sfondavano oggi non risultano più nella top ten; è il caso, per esempio, dei social media manager che primeggiavano nel 2013 e che sono spariti già dall’anno dopo;

  • alcuni ruoli, sebbene ancora ricercati, sono in caduta libera; uno di questi è lo sviluppatore di app per dispositivi mobili;

  • oggi, vincono gli esperti di cloud e i data scientist; i primi sono i progettisti di sistemi di archiviazione su infrastrutture pay‑per‑use mentre i secondi sono quelli che riescono a sviluppare tecniche e strumenti per l’analisi degli Zettabyte (più o meno corrispondenti a dati personali) presenti nella Rete.

Su e giù per i nuovi lavori. Aspettando le sorprese 2018.

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Il confidente

A chi raccontiamo tutta la verità? Chi è il nostro vero confidente? Seth Stephens‑Davidowitz, per rispondere a queste domande, nel suo recente libro La macchina della verità, parte da un dato di fatto: gli uomini mentono. Hanno sempre mentito. Ma, oggi, di più. Mentono ad amici, parenti, medici. Mentono persino a se stessi. Mentono nelle relazioni dal vivo, nei sondaggi, ma, soprattutto, sui social network. L’uomo raramente vuole apparire quello che è veramente.

L’unico vero confidente è il suo smartphone con le ricerche che effettua, gli acquisti che realizza, la musica che ascolta, i video che guarda. Quando è lì davanti si sente libero di essere se stesso. Ed è per questo motivo che Stephens‑Davidowitz ritiene che la verità sia solo su Internet: non certo nei sondaggi che, ormai, con costante disappunto dei giornalisti maratoneti amanti delle notti elettorali, continuano a fallire.

Questo non vuol dire affatto che Internet contenga la verità. Cioè non vuol dire che per saperne di biologia basta leggere un paio di pagine in Rete. Stephens‑Davidowitz si riferisce al fatto che la nostra profonda intimità (gusti letterari, preferenze musicali, sogni proibiti) è leggibile solo attraverso i nostri click, le nostre ricerche, le nostre navigazioni.

Naturalmente, tutto questo insieme di informazioni costituisce un immenso tesoro che, da qualche parte, qualcuno sta già utilizzando. Il dubbio (o la certezza) è: che sia un confidente interessato?

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